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al testo di Dereck Louvrilanm
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Questo è un POV dai piedi della notte alla cima della barca nella china schizzata dagli scogli. Contavamo su di loro. Ci prese un tale inchiostro che i lumi si accesero a ragione, ma è l’emozione dell’ignoto che regge gli orizzonti che in un dato momento sono la piazza con i più comuni accessori: le panchine nel raggio di un quarto di luna. Una degradazione del buio, disse lei, che fa immenso l’universo ridotto in chiaro. L’alba riallinea, cambia l’atmosfera in punti precisi del locale. Il profilo dei promontori somigliava alle nocche sbiancate che distendono le increspature del golfo. Appiattito e per niente riscosso. Le ha disegnate pachamama come poteva e noi stiamo esagerando con la gomma: cancelliamo cancelliamo, ma sono i residui che ci spazzano, sussurrò, prevedendo quanto avrei scritto oggi. Annuii: le femmine vedono oltre i maschi, perché i loro occhi e il loro respiro arieggiano il mondo, penso, come la brezza per non cambiare genere. Vista da qui, infiamma l’ora e se la squaglia in un minuto ignoto. Un richiamo al giorno. Parlò con quel tono strascicato da pescatore che dava la sveglia ai cefali malaccorti rimasti muti nonostante la pastura abbia il sapore del tradimento. L’inganno è una porzione d’amore, non tisana. Eravamo giunti all’ultima rotonda che immette sulla piazza in esubero di posti - il posto preso a caso è un volume comunque, benché poco letto seduta stante, a mezza voce suggerisco che il lungomare ormai è solo libreria dell’apprendistato in erba che non si cura di noi, anzi, cura la libertà di crescere con distrazione. È passata l’alba tenuta al paradosso.
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